martedì 22 novembre 2011

Un Picasso tutto mio


Non voglio riassumere la visita guidata al Palazzo Blu, in occasione della Mostra dedicata a Picasso intitolata “Ho voluto essere pittore e sono diventato Picasso” che ci sarà fino al 29 gennaio 2012, dico semplicemente che la visita guidata è stata utile, sia per chi un’infarinatura ce l’aveva già, sia per chi non sapeva niente di più del fatto che Picasso dipingeva scomponendo le figure, rendendole quasi mostruose.

La visita guidata ci ha aiutato a scoprire certe curiosità e certi dettagli, che prima non sapevamo; alcuni dipinti hanno alle spalle delle storie e dei tormenti interiori che se non debitamente spiegati, non lasciano trasparire il vero significato dell’opera.
In ogni caso credo che una visita, seppur senza guida, ne valga la pena...Picasso non viene a Pisa tutti i giorni!

Nei dipinti e disegni di Picasso esposti a Palazzo Blu, si possono apprezzare gli studi e le ricerche dell’artista, che partendo inizialmente da una rappresentazione piuttosto realistica di animali, persone e oggetti, li scompone e li trasforma fino a renderli quasi informi o li sintetizza a tal punto, da tracciare solo delle semplici linee infantili, caratteristiche tipiche della sua opera, che lo hanno reso un genio dell’arte moderna del ‘900.

“A quattro anni dipingevo come Raffaello
mi ci è voluta una vita intera
per imparare a disegnare come un bambino”
(Pablo Picasso)


Fra le serie rappresentative di questi studi, nella mostra troviamo i Ritratti di Jacqueline, ultima donna della sua vita, le Due donne nude e la serie dei Tori.

Gli animali vengono raffigurati spesso nelle opere di Picasso, avendo quasi sempre un significato allegorico, come i cavalli, i tori e gli uccelli del Guernica dove le sofferenze e gli orrori della guerra di Spagna sono rappresentati proprio da questi animali.

Un altro animale che Picasso ha dipinto spesso nei sui quadri, è stato il gatto, che non abbiamo potuto apprezzare a Palazzo Blu, ma che ha rappresentato fonte di ispirazione per esprimere emozioni legate alla violenza e sofferenza.

Spesso nelle sue tele ha rappresentato donne sedute, accompagnate da un gatto.
Eccone alcune:

(Dora Maar con gatto)


(Donna con gatto)

(Jacqueline con gatto)
A volte, in alcuni studi, ha raffigurato i felini in pose più docili e tenere; altre volte ha rappresentato la natura predatrice del gatto, ben nascosta dalla sua eleganza di felino:
 (Gatto che divora un uccello)


La mia casa attualmente non ha quadri, e devo dire che un Picasso appeso al muro non mi dispiacerebbe.
In compenso ho un Picasso tutto mio, per niente cubista, per niente scomposto, che di sicuro sarebbe un bel modello per il Picasso artista; si tratta del mio gatto, che si chiama appunto Picasso come il pittore e che come lui, è piuttosto egocentrico e un po’ folle…un vero artista insomma (nel suo genere). Probabilmente, se potesse dipingere, anche i suoi quadri sarebbero un po’ scomposti, ma di sicuro all’avanguardia.


venerdì 11 novembre 2011

Un fiasco senza vino

 
Finalmente abbiamo utilizzato il fiasco per cuocere i fagioli, che era stato comprato ad aprile. L’autunno si presta di più rispetto alla stagione calda, per cimentarsi in ricette un po’ più “pesanti”.


Si tratta di un fiasco in vetro (senza paglia) tipo un’ampolla, dotato di un tappo speciale con 3 fori per la fuoriuscita del vapore. Serve per cuocere i fagioli ed i legumi in genere.

Occorre avere molto tempo a disposizione per cuocere con questo attrezzo, per esempio un sabato pomeriggio o una domenica da trascorrere in casa, mentre fuori fa freddo, in quanto per cuocere i legumi ci vogliono per lo meno 4 ore di cottura.

Nessun problema, mentre intanto i fagioli cuociono molto, ma molto lentamente, si possono fare altre cose...basta non abbandonare del tutto la cucina e tenere d’occhio ogni tanto il fiasco affinché tutto proceda bene.

Devo dire che il sapore è proprio buono...questa cottura lenta rende i fagioli cotti al punto giusto, senza ridurli in poltiglia.
Quindi per cimentarsi in questa ricetta, occorre prima di tutto procurarsi il fiasco per la cottura dei fagioli; a quel punto si può procedere. Ecco qui di seguito la ricetta.

Ingredienti:
gr. 500 di fagioli secchi
6 foglie di salvia
3 spicchi d'aglio
1/2 bicchiere di olio extra vergine di oliva
sale
pepe in grani
 
Preparazione:

Il giorno prima (almeno 24 ore prima) ammollare i fagioli in acqua fredda per farli rinvigorire. Il giorno dopo, introdurre nel fiasco i fagioli, la salvia, l'aglio non sbucciato e mezzo bicchiere d'olio; aggiungere un po’ di sale e riempire d'acqua fino a ¾. Tappare il fiasco con l’apposito tappo e metterlo sul fornello con lo spargi-fiamma; far cuocere a fuoco bassissimo per 4 ore (deve bollire appena, quasi niente, se occorre abbassare ulteriormente la fiamma). Ogni tanto controllare la cottura. Dopo circa 4 ore, il liquido sarà quasi del tutto evaporato ed i fagioli avranno assorbito tutto il sapore degli aromi. Servire caldi o freddi, con l'aggiunta di sale, olio e pepe macinato fresco. Insieme ai fagioli che sono il contorno, ci stanno bene le salsicce e la carne in genere.

Se po i fagioli avanzano, si può fare il giorno dopo una minestra di pasta e fagioli, passandoli al passattutto.

Buon appetito!

martedì 8 novembre 2011

Nome di battesimo: Maria Luisa Ceciarelli


Un po’ di anni fa, mi comprai un libro intitolato “Sette sottane” di Monica Vitti.
Cos’è che mi spinse a comprare questo libro, fu la curiosità del titolo prima di tutto, il fatto che un’attrice come la Vitti, che sapeva far ridere per la sua tragicomicità, avesse scritto un libro piuttosto intimo e confidenziale dove si dava spazio alle cose poco conosciute e alle curiosità, anziché elencare la lista dei film interpretati o dei successi televisivi e teatrali.

Mi è venuta voglia di rileggerlo questo libro, spinta dal fatto che nei giorni scorsi Monica Vitti ha compiuto 80 anni, gli ultimi dei quali, passati lontani dal pubblico a causa di una malattia.

Ecco alcune curiosità, che ci mostrano una Monica Vitti più intima, con le sue paturnie, le sue paure e le sue fobie.

“Da piccola mi chiamavano Sette Sottane perché in Sicilia, dove vivevamo noi, non c’era il riscaldamento d’inverno e mia madre mi copriva di maglie, magliette, sottanine, vestitini e grembiulini. Non mi davano noia, anzi, ne ero orgogliosa e quando veniva qualcuno a trovarci dicevo: Vede, io ho sette sottane: una, due, tre, quattro…, mia madre non mi faceva mai arrivare alla settima perché diceva che era una vergogna tirarsi su le gonnelline”

La Vitti in questo libro ci parla di come le sia sempre piaciuto poco viaggiare,  tanto da rendere ogni sua partenza un vero trauma. Quest’ansia probabilmente le è stata trasmessa dalla madre, che organizzava partenze frettolose per sfuggire alle bombe in tempo di guerra, affrontando lunghi e scomodi viaggi in treno da una città all’altra. Dopo questi estenuanti spostamenti vissuti durante l’infanzia, avrebbe dovuto amare la rapidità e la comodità degli aerei, invece no…ne è sempre stata  terrorizzata, continuando a scegliere la via più scomoda per andare ovunque, trovando questa scusa: “Il tragitto può essere la meta, perché perderlo? Se non si sa cosa c’è tra un posto e l’altro, come si può decidere cosa vedere? Chi ci garantisce che è più bello il luogo di arrivo, che tutto il viaggio? Quante cose non si vedono andando in aereo!”

Inoltre confessa di essere una persona distratta e di avere un rapporto molto speciale con gli oggetti: perde tutto e dimentica molto (il periodo in cui scrive il libro è il 1993, è ancora abbastanza giovane, ha 62 anni; il presente in cui parla è ormai passato). Una volta ha perso perfino le scarpe che aveva ai piedi! Se le era probabilmente tolte perché le facevano male, poi qualcosa l’ha distratta e le ha lasciate lì. Appena un oggetto le piace più degli altri lo perde subito, come fosse una punizione, mentre invece ci sono alcuni oggetti di cui si sarebbe voluta disfare che le restano appiccicati senza motivo e alla fine finisce per amare anche quelli. E’ come se gli oggetti avessero un’anima e provassero dei sentimenti nei suoi confronti. Per non dimenticare, si era fatta un quaderno dove aveva scritto il posto di ogni cosa, ma poi ha perso anche quello … una dimenticanza quasi patologica.

Un’altra curiosità che racconta, è che a causa delle sue paure, spesso nei film ha avuto il supporto di  una controfigura, che per molti anni è stata Fiorella Mannoia, la quale proveniva da una famiglia di stuntman…chi l’avrebbe detto che poi sarebbe diventata la grande cantante che è ora.

Questi e molti altri racconti/aneddoti ci sono nel libro, dal rapporto con la famiglia, alla passione per il teatro, per il cinema, per l’arte, gli amori passati, l’amicizia, il tutto raccontato con leggerezza e quel tocco di ironia che non guasta. E' stata una piacevole rilettura.