venerdì 24 giugno 2011

Il pane inzuppo



Con i termini “pane inzuppo” s’intende in casa mia il piatto conosciuto comunemente con il nome di panzanella.
Effettivamente, si tratta di pane raffermo, inzuppato nell’acqua e poi condito con delle verdure fresche di stagione. E’ un piatto tipico della cucina povera toscana, di quando in casa non c’era molta scelta per preparare il pranzo o la cena, quindi le massaie si ingegnavano con creatività ad inventare ricette e piatti appetibili, pur utilizzando prodotti semplici e genuini, senza buttare via niente di avanzato, tipo il pane secco.

Questo piatto mi ricorda le sere d’estate di quando ero piccola, ma spesso lo cucino ancora oggi. D’estate infatti è quando gli ingredienti di cui è composto, sono più freschi.

La ricetta che ancora oggi usiamo in casa mia e nella mia famiglia, è questa:

Ingredienti:
- un po’ di pane raffermo (o “posato” come si dice in famiglia)
- 1 cipolla rossa
- 1 cetriolo
- 4 pomodori maturi
- qualche foglia di basilico
- olio
- aceto
- sale

Procedimento:
Ammollare il pane raffermo in acqua fredda e un po’ di aceto, per circa 15 minuti. Poi strizzarlo bene, sbriciolarlo e metterlo in una zuppiera.
Nel frattempo lavare e pulire la cipolla, il cetriolo e i pomodori; tagliare le verdure a pezzetti e mescolarle al pane. Condire il tutto con olio, aceto, sale e qualche foglia di basilico, e mescolare bene. Metterlo in frigo per almeno mezz’ora prima di servirlo. E’ un piatto unico molto fresco e veloce da preparare.

La ricetta sopra è molto semplice, classica, con poche cose, però ci possono essere delle varianti, tipo aggiungere del tonno, oppure del sedano e delle olive. Ad ognuno la scelta di arricchire questo piatto povero come vuole.

E per finire, su internet ho trovato una poesia di Aldo Fabrizi sulla panzanella, che qui ripropongo:

« E che ce vo’
pe’ fa’ la Panzanella?

Nun è ch’er condimento sia un segreto,
oppure è stabbilito da un decreto,
però la qualità dev’esse quella.

In primise: acqua fresca de cannella,
in secondise: ojo d’uliveto,
e come terzo: quer di-vino aceto
che fa’ venì la febbre magnarella.

Pagnotta paesana un po’ intostata,
cotta all’antica, co’ la crosta scura,
bagnata fino a che nun s’è ammollata.

In più, per un boccone da signori,
abbasta rifinì la svojatura
co’ basilico, pepe e pommidori. »

2 commenti:

Serefrance ha detto...

Stupenda la "febbre magnarella": grande Fabrizi e grazie Monica per averci regalato questa bellissima poesia!

cooksappe ha detto...

gia'! :D