venerdì 16 dicembre 2011

Caro Babbo Natale

Caro Babbo Natale,
È da tantissimo tempo che non ti scrivo una letterina…probabilmente l’ultima volta che l’ho fatto andavo ancora alle elementari. Però mi sono detta, non c’è un limite di età per scrivere a Babbo Natale e quindi eccomi qui.
Devo dirti che quest’anno non è stato proprio un anno sereno, come del resto l’anno prima, e quello prima ancora...ma non voglio lamentarmi troppo, del resto mi ritengo molto fortunata, nonostante tutto.
Che cosa potrei chiederti per quest’anno?...sinceramente si puo’ dire che ho già tutto quello di cui ho bisogno e che posso desiderare...perché dovrei chiedere di più? ...lo so che si deve sempre aspirare al meglio, e che di sicuro sarebbe bello avere di più...ma in effetti se vado al sodo, posso dire che non mi manca niente.
L’unica cosa che manca un po’, e vorrei che non mancasse alle persone a cui tengo di più, e a tutti quelli a cui voglio bene, è la salute...lo so che te sei magico, ma mi sa tanto che questo regalino, se così si può chiamare, non sta fra i tuoi “poteri magici”. Ma siccome tentar non nuoce, io te lo dico lo stesso...non si sa mai...pensaci!
E’ bello ricevere i regali...sarei un’ipocrita se dicessi di no, e infatti ti chiedo da parte mia, di portarli ad alcune persone la notte di Natale, tanto te ce la fai a fare il giro di tutto il mondo, troverai il tempo di passare anche da queste parti...e poi lo sappiamo che ti fai aiutare... ah, ricorda che dovrai passare, oltre che dall’Italia, anche dalla Spagna e dalla Svizzera...ti farò fare un bel giro!
Mi sono resa conto però, che oltre alle cose materiali, qualcuno ha bisogno anche di altro. Potresti allora, se per te non è un disturbo, insieme ai pensierini che ti chiedo di portare la notte di Natale, aggiungere anche queste cose...te sai a chi devono andare: salute, lavoro, serenità, tanta amicizia, tanti abbracci, tanto amore, e tutte quelle cose che fanno stare bene, così i regalini saranno ancora più belli! ... che dici, potrai esaudire questo mio desiderio? Se tu lo potessi fare, sarei molto contenta! E comunque apprezzerò ciò che potrai fare.
Caro Babbo Natale, ora ti devo salutare e spero che questa mia letterina ti giunga in tempo per fare tutto...io ce l’ho messa tutta...adesso tocca a te!

Grazie tante,
Monica

martedì 22 novembre 2011

Un Picasso tutto mio


Non voglio riassumere la visita guidata al Palazzo Blu, in occasione della Mostra dedicata a Picasso intitolata “Ho voluto essere pittore e sono diventato Picasso” che ci sarà fino al 29 gennaio 2012, dico semplicemente che la visita guidata è stata utile, sia per chi un’infarinatura ce l’aveva già, sia per chi non sapeva niente di più del fatto che Picasso dipingeva scomponendo le figure, rendendole quasi mostruose.

La visita guidata ci ha aiutato a scoprire certe curiosità e certi dettagli, che prima non sapevamo; alcuni dipinti hanno alle spalle delle storie e dei tormenti interiori che se non debitamente spiegati, non lasciano trasparire il vero significato dell’opera.
In ogni caso credo che una visita, seppur senza guida, ne valga la pena...Picasso non viene a Pisa tutti i giorni!

Nei dipinti e disegni di Picasso esposti a Palazzo Blu, si possono apprezzare gli studi e le ricerche dell’artista, che partendo inizialmente da una rappresentazione piuttosto realistica di animali, persone e oggetti, li scompone e li trasforma fino a renderli quasi informi o li sintetizza a tal punto, da tracciare solo delle semplici linee infantili, caratteristiche tipiche della sua opera, che lo hanno reso un genio dell’arte moderna del ‘900.

“A quattro anni dipingevo come Raffaello
mi ci è voluta una vita intera
per imparare a disegnare come un bambino”
(Pablo Picasso)


Fra le serie rappresentative di questi studi, nella mostra troviamo i Ritratti di Jacqueline, ultima donna della sua vita, le Due donne nude e la serie dei Tori.

Gli animali vengono raffigurati spesso nelle opere di Picasso, avendo quasi sempre un significato allegorico, come i cavalli, i tori e gli uccelli del Guernica dove le sofferenze e gli orrori della guerra di Spagna sono rappresentati proprio da questi animali.

Un altro animale che Picasso ha dipinto spesso nei sui quadri, è stato il gatto, che non abbiamo potuto apprezzare a Palazzo Blu, ma che ha rappresentato fonte di ispirazione per esprimere emozioni legate alla violenza e sofferenza.

Spesso nelle sue tele ha rappresentato donne sedute, accompagnate da un gatto.
Eccone alcune:

(Dora Maar con gatto)


(Donna con gatto)

(Jacqueline con gatto)
A volte, in alcuni studi, ha raffigurato i felini in pose più docili e tenere; altre volte ha rappresentato la natura predatrice del gatto, ben nascosta dalla sua eleganza di felino:
 (Gatto che divora un uccello)


La mia casa attualmente non ha quadri, e devo dire che un Picasso appeso al muro non mi dispiacerebbe.
In compenso ho un Picasso tutto mio, per niente cubista, per niente scomposto, che di sicuro sarebbe un bel modello per il Picasso artista; si tratta del mio gatto, che si chiama appunto Picasso come il pittore e che come lui, è piuttosto egocentrico e un po’ folle…un vero artista insomma (nel suo genere). Probabilmente, se potesse dipingere, anche i suoi quadri sarebbero un po’ scomposti, ma di sicuro all’avanguardia.


venerdì 11 novembre 2011

Un fiasco senza vino

 
Finalmente abbiamo utilizzato il fiasco per cuocere i fagioli, che era stato comprato ad aprile. L’autunno si presta di più rispetto alla stagione calda, per cimentarsi in ricette un po’ più “pesanti”.


Si tratta di un fiasco in vetro (senza paglia) tipo un’ampolla, dotato di un tappo speciale con 3 fori per la fuoriuscita del vapore. Serve per cuocere i fagioli ed i legumi in genere.

Occorre avere molto tempo a disposizione per cuocere con questo attrezzo, per esempio un sabato pomeriggio o una domenica da trascorrere in casa, mentre fuori fa freddo, in quanto per cuocere i legumi ci vogliono per lo meno 4 ore di cottura.

Nessun problema, mentre intanto i fagioli cuociono molto, ma molto lentamente, si possono fare altre cose...basta non abbandonare del tutto la cucina e tenere d’occhio ogni tanto il fiasco affinché tutto proceda bene.

Devo dire che il sapore è proprio buono...questa cottura lenta rende i fagioli cotti al punto giusto, senza ridurli in poltiglia.
Quindi per cimentarsi in questa ricetta, occorre prima di tutto procurarsi il fiasco per la cottura dei fagioli; a quel punto si può procedere. Ecco qui di seguito la ricetta.

Ingredienti:
gr. 500 di fagioli secchi
6 foglie di salvia
3 spicchi d'aglio
1/2 bicchiere di olio extra vergine di oliva
sale
pepe in grani
 
Preparazione:

Il giorno prima (almeno 24 ore prima) ammollare i fagioli in acqua fredda per farli rinvigorire. Il giorno dopo, introdurre nel fiasco i fagioli, la salvia, l'aglio non sbucciato e mezzo bicchiere d'olio; aggiungere un po’ di sale e riempire d'acqua fino a ¾. Tappare il fiasco con l’apposito tappo e metterlo sul fornello con lo spargi-fiamma; far cuocere a fuoco bassissimo per 4 ore (deve bollire appena, quasi niente, se occorre abbassare ulteriormente la fiamma). Ogni tanto controllare la cottura. Dopo circa 4 ore, il liquido sarà quasi del tutto evaporato ed i fagioli avranno assorbito tutto il sapore degli aromi. Servire caldi o freddi, con l'aggiunta di sale, olio e pepe macinato fresco. Insieme ai fagioli che sono il contorno, ci stanno bene le salsicce e la carne in genere.

Se po i fagioli avanzano, si può fare il giorno dopo una minestra di pasta e fagioli, passandoli al passattutto.

Buon appetito!

martedì 8 novembre 2011

Nome di battesimo: Maria Luisa Ceciarelli


Un po’ di anni fa, mi comprai un libro intitolato “Sette sottane” di Monica Vitti.
Cos’è che mi spinse a comprare questo libro, fu la curiosità del titolo prima di tutto, il fatto che un’attrice come la Vitti, che sapeva far ridere per la sua tragicomicità, avesse scritto un libro piuttosto intimo e confidenziale dove si dava spazio alle cose poco conosciute e alle curiosità, anziché elencare la lista dei film interpretati o dei successi televisivi e teatrali.

Mi è venuta voglia di rileggerlo questo libro, spinta dal fatto che nei giorni scorsi Monica Vitti ha compiuto 80 anni, gli ultimi dei quali, passati lontani dal pubblico a causa di una malattia.

Ecco alcune curiosità, che ci mostrano una Monica Vitti più intima, con le sue paturnie, le sue paure e le sue fobie.

“Da piccola mi chiamavano Sette Sottane perché in Sicilia, dove vivevamo noi, non c’era il riscaldamento d’inverno e mia madre mi copriva di maglie, magliette, sottanine, vestitini e grembiulini. Non mi davano noia, anzi, ne ero orgogliosa e quando veniva qualcuno a trovarci dicevo: Vede, io ho sette sottane: una, due, tre, quattro…, mia madre non mi faceva mai arrivare alla settima perché diceva che era una vergogna tirarsi su le gonnelline”

La Vitti in questo libro ci parla di come le sia sempre piaciuto poco viaggiare,  tanto da rendere ogni sua partenza un vero trauma. Quest’ansia probabilmente le è stata trasmessa dalla madre, che organizzava partenze frettolose per sfuggire alle bombe in tempo di guerra, affrontando lunghi e scomodi viaggi in treno da una città all’altra. Dopo questi estenuanti spostamenti vissuti durante l’infanzia, avrebbe dovuto amare la rapidità e la comodità degli aerei, invece no…ne è sempre stata  terrorizzata, continuando a scegliere la via più scomoda per andare ovunque, trovando questa scusa: “Il tragitto può essere la meta, perché perderlo? Se non si sa cosa c’è tra un posto e l’altro, come si può decidere cosa vedere? Chi ci garantisce che è più bello il luogo di arrivo, che tutto il viaggio? Quante cose non si vedono andando in aereo!”

Inoltre confessa di essere una persona distratta e di avere un rapporto molto speciale con gli oggetti: perde tutto e dimentica molto (il periodo in cui scrive il libro è il 1993, è ancora abbastanza giovane, ha 62 anni; il presente in cui parla è ormai passato). Una volta ha perso perfino le scarpe che aveva ai piedi! Se le era probabilmente tolte perché le facevano male, poi qualcosa l’ha distratta e le ha lasciate lì. Appena un oggetto le piace più degli altri lo perde subito, come fosse una punizione, mentre invece ci sono alcuni oggetti di cui si sarebbe voluta disfare che le restano appiccicati senza motivo e alla fine finisce per amare anche quelli. E’ come se gli oggetti avessero un’anima e provassero dei sentimenti nei suoi confronti. Per non dimenticare, si era fatta un quaderno dove aveva scritto il posto di ogni cosa, ma poi ha perso anche quello … una dimenticanza quasi patologica.

Un’altra curiosità che racconta, è che a causa delle sue paure, spesso nei film ha avuto il supporto di  una controfigura, che per molti anni è stata Fiorella Mannoia, la quale proveniva da una famiglia di stuntman…chi l’avrebbe detto che poi sarebbe diventata la grande cantante che è ora.

Questi e molti altri racconti/aneddoti ci sono nel libro, dal rapporto con la famiglia, alla passione per il teatro, per il cinema, per l’arte, gli amori passati, l’amicizia, il tutto raccontato con leggerezza e quel tocco di ironia che non guasta. E' stata una piacevole rilettura.

domenica 30 ottobre 2011

Il castagnaccio


L'autunno, questa stagione dai toni marrone, giallo e arancio, mi piace soprattutto per un dolce tipico di questo periodo: il castagnaccio. 

Il castagnaccio è una torta "povera" a base di farina di castagne, che viene fatta soprattutto nel periodo autunnale/invernale ... è povera per modo di dire, io la considero piuttosto una "bomba calorica"...sarei capace di mangiarne una teglia intera, se non fosse per l'esagerato apporto calorico che produce.


Un tempo era un alimento molto diffuso nelle zone degli appennini toscani, liguri ed emiliani, ed era la base dell'alimentazione dei contadini, che dopo una giornata di lavoro nei campi, al freddo, la sera si rifocillavano con qualcosa di caldo ed energetico. Oggi lo cuciniamo più per golosità, e siccome io sono molto golosa, mi capita di cucinarlo spesso in questo periodo.
In casa mia si prepara così:

Ingredienti
250 gr di farina di castagne
acqua o latte q.b.
1 cucchiaio di olio
pinoli
uva sultanina
noci tritate
rosmarino
1 pizzico di sale

Preparazione
Preparare l' impasto con la farina e un pizzico di sale, aggiungendo acqua o latte e 1 cucchiaio di olio, fino ad ottenere un composto fluido ed omogeneo (non troppo solido); a questo punto aggiungere i pinoli, l'uva sultanina precedentemente ammollata e le noci tritate. Mescolare bene. Ungere una teglia e versare l'impasto dello spessore di circa 1 cm. Cospargere la superficie con i pinoli e gli aghi di rosmarino. Mettere un po' d'olio sopra e informare a 150° per mezz'ora circa. Il castagnaccio è pronto quando la superficie sarà screpolata.


E' buonissimo così, ma si può accompagnare anche con la ricotta.

martedì 18 ottobre 2011

Butto o non butto?


A volte dispiace dover buttar via delle camicie, solo perché sono un po’ sciupate al colletto…potremmo girarlo il colletto, ma è troppo complicato e il risultato è brutto, se il lavoro non è fatto veramente bene. Così ho deciso di riunire un po’ di camicie vecchie e riutilizzare la stoffa per creare qualcosa.

E’ già da tanto tempo che utilizzo borse riciclabili per la spesa, di stoffa o di plastica rigida, un po’ per evitare di accumulare borsine in plastica, un po’ perché anche se ora le fanno biodegradabili, hanno un odore che mi nausea, quindi preferisco evitare.

E siccome le buste e le borse non sono mai troppe, ho deciso di fare delle “borse caserecce” molto semplici, senza troppe pretese, che poi utilizzo sia per fare la spesa, ma anche per altre cose. Per esempio, se si fanno delle borsine un po’ più piccole, possono essere utili quando viaggiamo, per mettere le scarpe in valigia o per riunire la biancheria, per portare il pranzo al lavoro, per portare libri e giornali in treno o in biblioteca. Insomma, si possono utilizzare in tantissimi modi.

Ovviamente, come ho detto, sono borsine semplici e senza pretese...più che altro per non buttare via del tutto la camicia.
Vi presento le mie prime “shopping-shirt-bags”.

Per questa ho utilizzato 2 camicie a quadretti, diverse fra loro; le ho unite e con la stoffa delle maniche avanzata ci ho fatto i manici:



Questa l’ho fatta unendo 2 camicie a tinta unita, di colore diverso; con i taschini delle 2 precedenti camicie, ho fatto 2 tasche esterne:



Se in casa poi ci sono degli avanzi di stoffa carini, si può fare anche con quelli.
Io per esempio ho trovato un avanzo di stoffa a righe stile “vecchio materasso” e anche con questa ho fatto una borsa per la spesa; per i manici ho usato della cordicella che avevo:


Se poi, oltre alle camicie e alle stoffe avanzate, abbiamo anche dei jeans ormai vecchi che non porteremmo più, anche questi possono essere trasformati in borse, la stoffa è molto resistente e si possono portare anche per andare in giro, non solo per fare la spesa:

E come diceva una persona, vi saluto con “buona camicia a tutti!”.
...prima di buttare...casomai pensatemi...

giovedì 22 settembre 2011

Bianco, rosso o rosé ?


La vendemmia, questo rito che avviene di solito fra agosto e ottobre, mette allegria e ci riporta alle tradizioni contadine.
E’ un momento per riunire tutti i parenti e gli amici da parte di chi ha un vigneto, per farsi aiutare nella raccolta dell’uva, che poi verrà “pigiata” per essere trasformata in vino. Una volta l’uva veniva pigiata con i piedi, ora ci sono i macchinari che separano il raspo dai chicchi d’uva, in modo da mettere solo questi ultimi nella pigiatrice meccanica, per ottenere il vino.


Nella mia famiglia fra i parenti, ma anche fra gli amici di famiglia, ho avuto più volte occasione di partecipare alla vendemmia. Sono momenti belli, se piace stare a contatto con la natura e con le persone. Il partecipare tutti insieme alla raccolta, per lo stesso scopo, dà soddisfazione... è bello poter dire “c’ero anch’io alla vendemmia”, quando poi si assaggerà il vino prodotto. Senza contare poi la convivialità che si crea, quando ci si riunisce tutti allo stesso tavolo, per mangiare insieme cibi genuini.



In questo periodo di vendemmia in molti paesi, oltre alla raccolta, vengono fatte sagre e feste a tema, proprio sull’uva e sul vino.
A questo proposito vorrei segnalare una festa alla quale ho partecipato qualche anno fa che mi è piaciuta molto.

E’ la Festa dell’Uva a Capoliveri (Isola d’Elba).
Quest’anno ci sarà dal 30 settembre al 2 ottobre.
I quattro rioni del paese (Fosso, Fortezza, Torre, Baluardo) si sfidano nella rappresentazione e rievocazione di temi legati al vino, all’uva, al dio Bacco, alla vendemmia, il tutto accompagnato da musica e gastronomia. E’ bello vedere come tutti i capoliveresi si uniscano per questa festa, pur restando divisi per rioni, lavorando tanto e con passione, per attirare turisti da ogni parte, non solo isolani.




In tema di vendemmia, proprongo anche la visione di 3 film, in ordine cronologico:

-Il profumo del mosto selvatico (1995)
di Alfonso Arau
con Anthony Quinn, Giancarlo Giannini, Keanu Reeves
-Un’ottima annata (2006)
di Ridley Scott
con Russel Crowe e Albert Finney
-I giorni della vendemmia (2010)
di Marco Righi
con Lavinia Longhi e Marco D’Agostin

E per concludere, una bella filastrocca trovata su internet:

La filastrocca del vino
(di A. Fasser)

Dalla pergola nasce l’uva:
prima è acerba, poi matura.
La raccoglie il contadino
e la schiaccia dentro il tino.

Bolle il mosto giorno e notte,
poi finisce nella botte.
Nella botte si riposa
finché è un vino color rosa.

Dopo tante settimane
va a riempir le damigiane.
Ma lì dentro non vuol stare,
ora è pronto da infiascare.

Per la festa di famiglia
passa poi nella bottiglia,
nei bicchieri vien versato
e da tutti è ben gustato.


Prosit a tutti!

martedì 6 settembre 2011

Riti autunnali

Settembre, è un po’ come l’inizio dell’anno, una stagione estiva se n’è andata e un altro lungo periodo autunnale/invernale sta per arrivare. In questo periodo di solito faccio dei bilanci e anche un sacco di buoni propositi per i lunghi mesi che mi aspettano. Tutto ricomincia…la scuola, i corsi sportivi, i corsi di lingue, e tutte le attività più svariate, dedicate alle passioni e ai passatempo di ognuno.

C’è entusiasmo nell’aria dopo il riposo estivo. Con questo entusiasmo, mi viene voglia di fare tante cose, vorrei aggiungere altre attività oltre a quelle che già so che potrò fare…ma poi mi rendo conto che il tempo libero a disposizione non è poi così tanto, allora mi ridimensiono e mi accontento di ciò che riuscirò a fare, senza troppe pretese.

In questo periodo viene voglia anche di cambiare…che so, il colore delle pareti di una stanza, qualche piccolo accessorio della casa, una poltroncina, se non addirittura dei cambi veri e propri di mobili … e immancabilmente “ci viene in aiuto” il tanto atteso catalogo dell’ ikea che puntualmente in questo periodo troviamo nella cassetta della posta.


Chi fra di noi, non ha sfogliato subito il catalogo per curiosare e prendere spunti di idee, annotando le piccole cose che ci potrebbero far comodo per tenere in ordine quel cassetto o quell’armadio…tanto costa poco…
E allora si cerca di trovare un giorno libero per andare a “fare un salto” all’ ikea…ci passiamo parola e se possibile andiamo in gruppetto, se non è possibile, non importa, chi va “prende gli ordini” per gli altri.


Poi, siccome in questo periodo l’aria diventa più freschina e le giornate si accorciano, viene voglia anche di passare le serate in casa con gli amici, magari dopo una giornata passata all’aperto in qualche sagra o festa paesana, per sfruttare gli ultimi sprazzi di sole. Ecco che allora saltano fuori i giochi da tavolo, i puzzle, qualche film da guardare insieme e tutto ciò che serve per passare il tempo in compagnia.


Questi piacevoli riti autunnali, sono in un certo senso un modo per salutare l’estate che se n’è andata, senza troppa malinconia, perché so che anche se di sole ce ne sarà poco, troverò calore comunque e dovunque.

martedì 23 agosto 2011

Marmellata "mon amour"

Con tutta la varietà di frutta che c'è in questo periodo, viene voglia di fare delle marmellate, per poter gustare il "sapore estivo" anche in inverno, ricordandosi magari delle belle passeggiate passate a raccogliere more fra i rovi e fichi sugli alberi.



In queste ultime settimane, insieme ad un gruppo di amiche e amici, ci siamo dedicati infatti alla produzione di due tipi di marmellate: quella di fichi e quella di more.


Per entrambe, c'è stato un coinvolgimento da parte di tutti, grandi e piccoli: chi ha raccolto, chi si è dedicato alla pulitura, chi alla cottura, chi all'invasettamento e chi semplicemente si è gustato i frutti freschi tali e quali...tutto in giornata, della serie: dal produttore al consumatore finale (che poi alla fine siamo sempre noi...). Ecco allora le ricette delle due marmellate, fatte mettendo a frutto l'esperienza e i suggerimenti di tutti i partecipanti.

Marmellata di fichi
Dal momento che i fichi sono molto dolci di natura, la quantità di zucchero che useremo sarà inferiore rispetto ad altri tipi di marmellate, quindi in proporzione gli ingredienti saranno:
1 kg di fichi
400 gr di zucchero
Procedimento:
Pulire i fichi togliendo la buccia, spezzettarli e metterli in una pentola, aggiungere lo zucchero e mettere sul fuoco mescolando ogni tanto; dal momento in cui comincia a bollire, far cuocere per circa 45 minuti, e comunque fino alla consistenza desiderata (più bolle, più si addensa). Una volta pronta, mettere la marmellata nei vasetti di vetro e sterilizzare.
Variante:
Si possono aggiungere un po' di noci sgusciate durante la cottura.

Marmellata di more
1 kg di more
700 gr di zucchero
Procedimento:
Lavare le more in una bacinella, dopo aver tolto eventuali residui di rovo. Scolarle e metterle in una pentola insieme allo zucchero, accendere il fuoco e mescolare ogni tanto; dal momento della bollitura, far cuocere per circa 50 minuti, fino ad arrivare comunque alla consistenza desiderata. Una volta pronta, mettere la marmellata nei vasetti di vetro e sterilizzare.


Per conservare meglio e più a lungo la marmellata dentro i barattoli di vetro, solitamente questi vanno sterilizzati per creare il sottovuoto. Innanzi tutto i barattolini devono essere ben lavati e puliti. La marmellata va versata riempiendo il barattolo, lasciando circa 1 cm dal bordo. Tappare con i tappi ermetici e mettere i barattoli all'interno di una pentola, separandoli con degli stracci perché non sbattano fra loro, rischiando di rompersi. Mettere acqua fredda fino a coprire i barattoli. Portare l'acqua ad ebollizione e far bollire per circa 40 minuti. Una volta raffreddata l'acqua, togliere i barattoli dalla pentola, asciugarli, e mettere l'etichetta.

Un metodo alternativo all'ebollizione, è quello di versare la marmellata dentro al vasetto e una volta chiuso il tappo, capovolgere il barattolo lasciandolo raffreddare a testa in giù; anche in questo modo si crea il sottovuoto.

C'è ancora una curiosità: prima di mettere la marmellata dentro i barattoli, passare all'interno un po' di liquore piuttosto alcolico, non lascerà nessun sapore ma sterilizza anche questo.

E infine direi: viva Arliano e le passeggiate!

lunedì 8 agosto 2011

Pasta all'ortolana

In estate è proprio un piacere coltivare l’orto, è un “esplosione” di verdure buone e colorate che mettono allegria.
Con tutte queste verdure bisogna ingegnarsi un po’ perché l’orto ne produce talmente tante e tutte insieme, che in cucina viene voglia di farle in tanti modi.


Ultimamente ho fatto spesso un condimento per la pasta, mescolando tutte le verdure dell’orto…vi assicuro che il risultato è invitante. Ecco quindi la ricetta.

Ingredienti:
-4 zucchine
-2 cipolle
-1 melanzana
-fiori di zucchine
-3 pomodori
-sale e pepe
-olio
-basilico


Preparazione:
Cuocere la pasta, preferibilmente corta.
Preparare il condimento, lavando tutte le verdure e tagliandole a pezzettini. In una padella capiente mettere a scaldare un po’ d’olio, aggiungere tutte le verdure tagliate, esclusi i pomodori. Far cuocere per circa 10 minuti, mescolando bene, aggiustando di sale e pepe.


Una volta scolata la pasta, metterla in padella insieme alle verdure e farla saltare per circa 1 minuto. A questo punto aggiungere il pomodoro fresco tagliato a pezzettini e il basilico. Mescolare bene e servire.


Ecco il risultato finale: facile facile e buona.
Buon appetito!



venerdì 15 luglio 2011

L’importanza delle piccole cose

In questi giorni, alcuni avvenimenti di vario tipo, mi hanno coinvolto molto emotivamente, risvegliando in me ricordi ed emozioni messi da parte, in un angolino del cuore e della testa.

Alcuni sono avvenimenti che mi sono piombati addosso come un fiume in piena, per i quali faccio ancora fatica credere, altri non mi coinvolgono in prima persona, ma li ho vissuti in passato e quindi posso immaginare cosa si prova, altri ancora riguardano la forza e la pazienza nell’affrontare la vita, dopo varie vicissitudini legate alla salute.

Tutte queste cose insieme, nello stesso periodo, sono molto faticose da affrontare sia psicologicamente che fisicamente, soprattutto per chi le vive in prima persona, ma anche per le persone vicine, unite da legami di parentela o di amicizia.

A volte mi chiedo: ma dove si trova la forza per andare avanti? ... e invece, come per magia, da qualche parte questa forza spunta fuori, impetuosa e piena di energia, proprio quando sembra di non averne più...
Sembrerà strano, ma io credo che la forza si trova anche nella quotidianità, in questa “vita normale” fatta di piccole cose, che però alla fine ci dà tanto.

Perché poi, che cos’è in fondo la felicità?...sono più che certa, ormai da molto tempo, che la felicità assoluta non esiste, ma esistono tanti piccoli momenti di felicità...ecco, questi piccoli momenti, sono quelli su cui contare quando tutto sembra perduto o quando la pazienza e il coraggio vengono a mancare, perché travolti dalle cose brutte della vita.

D’altra parte, nessuno ci ha detto che la vita fosse facile...forse le cose belle e semplici si apprezzano proprio dopo aver vissuto le cose brutte e complicate...ma spesso ce ne dimentichiamo...ed è giusto così...la routine e il tran tran, ci fanno correre, andare avanti, fare le cose di fretta...e finché tutto procede per il verso giusto, può anche andar bene, ma non appena un ostacolo si mette davanti al nostro cammino, allora ci soffermiamo e riflettiamo sul senso della vita...

La quotidianità è anche osservare il panorama sulla strada che percorro tutti i giorni da casa al lavoro...a volte sono immersa nei miei pensieri e non faccio caso a ciò che vedo, a volte invece scopro quant’è bella la natura, tanto da fermarmi e scattare una foto, sicuramente pessima dal punto di vista tecnico, ma che dice molto (almeno per me), dal punto di vista delle emozioni; questa “normalità” non è poi così malvagia, penso fra me e me.

Ecco, queste emozioni, questa bellezza, prima di andare al lavoro, mi fanno affrontare meglio la giornata...non fa parte anche questo di quei piccoli momenti di felicità, che fanno pensare che vale la pena vivere, nonostante tutto?...che dite, sono troppo romantica? ... esagero? ... forse, ma penso che mi devo confortare con tutto ciò, pur sapendo quanto sia difficile a volte la vita.

Penso quindi che ognuno di noi debba fare di tutto per cercare di stare bene, è un rispetto che dobbiamo a noi stessi, se stiamo bene con noi stessi, staremo bene anche con gli altri.

Le piccole cose (che poi alla fine sono grandi), possono essere di vario tipo: un panorama, un’opera d’arte, una chiacchiera inaspettata con un’amica, un viaggio, un libro, una canzone, insomma, tutto ciò che dà un senso alla nostra vita.

giovedì 7 luglio 2011

Cosa resterà degli anni ottanta


Ve la ricordate quella canzone di Raf che diceva: “Cosa resterà di questi Anni Ottanta afferrati già, scivolati via... la la la la la ... e la radio canta....”
Di sicuro degli anni ’80 è rimasta la bella musica da discoteca, conosciuta anche come “disco music” o “musica dance”, che ci riporta alla nostra adolescenza, anche se in discoteca credo di esserci stata talmente poche volte, che le conto sulle dita di una mano...ma ballare mi piace molto...e sabato scorso, ho avuto l’occasione di “scatenarmi” a ritmo di musica anni ’80 insieme agli amici, grazie ad una bella festa organizzata da un gruppo di DJ che negli anni ‘80 appunto, animavano le feste e i locali. 

L’età media delle persone era sulla quarantina (abbassata notevolmente dalla presenza di alcuni bambini), ma “in pista” sembravamo tutti ventenni...è che noi siamo giovani dentro! ... ogni volta la canzone suonata dal DJ ci riportava a momenti particolari della nostra vita...e veniva da dire: “...quando c’era questa canzone avevo 17 anni...ma ci pensi?!?” ... e così via...ricordi, ricordi, ricordi...
E’ stato bello anche ritrovare alcune persone perse ormai di vista, per i casi della vita...

Ma gli anni Ottanta ci hanno lasciato anche altre cose, tipo: ve lo ricordate il Cubo di Rubik, detto anche “cubo magico”...io non lo sapevo fare...nemmeno una faccia sola...ero messa proprio male...

E poi, i colori degli anni Ottanta, ve li ricordate?... erano gli stessi del cubo di Rubik: rosso, giallo, verde, blu...molto accesi; nella moda questi colori andavano per la maggiore...infatti la moda anni ’80 a mio modesto parere era e rimane fra le più brutte...anche per le folte capigliature e le spalline messe sotto ai vestiti per sembrare più squadrate...perfino sotto alle t-shirt mettevamo le spalline! ... eravamo poco critiche nei confronti della moda...anzi, diciamo la verità: ci piacevano eccome!...ora solo al pensiero di mettere delle spalline sotto ai vestiti, ci vengono i brividi! ... ma chissà...fra altri 20 anni rideremo di come ci vestiamo ora...

Comunque sabato è stata una bella serata, piena di allegria e ricordi...sarebbe bello ripetere ogni tanto...

Ah dimenticavo: W FALCON DJ!!!

venerdì 24 giugno 2011

Il pane inzuppo



Con i termini “pane inzuppo” s’intende in casa mia il piatto conosciuto comunemente con il nome di panzanella.
Effettivamente, si tratta di pane raffermo, inzuppato nell’acqua e poi condito con delle verdure fresche di stagione. E’ un piatto tipico della cucina povera toscana, di quando in casa non c’era molta scelta per preparare il pranzo o la cena, quindi le massaie si ingegnavano con creatività ad inventare ricette e piatti appetibili, pur utilizzando prodotti semplici e genuini, senza buttare via niente di avanzato, tipo il pane secco.

Questo piatto mi ricorda le sere d’estate di quando ero piccola, ma spesso lo cucino ancora oggi. D’estate infatti è quando gli ingredienti di cui è composto, sono più freschi.

La ricetta che ancora oggi usiamo in casa mia e nella mia famiglia, è questa:

Ingredienti:
- un po’ di pane raffermo (o “posato” come si dice in famiglia)
- 1 cipolla rossa
- 1 cetriolo
- 4 pomodori maturi
- qualche foglia di basilico
- olio
- aceto
- sale

Procedimento:
Ammollare il pane raffermo in acqua fredda e un po’ di aceto, per circa 15 minuti. Poi strizzarlo bene, sbriciolarlo e metterlo in una zuppiera.
Nel frattempo lavare e pulire la cipolla, il cetriolo e i pomodori; tagliare le verdure a pezzetti e mescolarle al pane. Condire il tutto con olio, aceto, sale e qualche foglia di basilico, e mescolare bene. Metterlo in frigo per almeno mezz’ora prima di servirlo. E’ un piatto unico molto fresco e veloce da preparare.

La ricetta sopra è molto semplice, classica, con poche cose, però ci possono essere delle varianti, tipo aggiungere del tonno, oppure del sedano e delle olive. Ad ognuno la scelta di arricchire questo piatto povero come vuole.

E per finire, su internet ho trovato una poesia di Aldo Fabrizi sulla panzanella, che qui ripropongo:

« E che ce vo’
pe’ fa’ la Panzanella?

Nun è ch’er condimento sia un segreto,
oppure è stabbilito da un decreto,
però la qualità dev’esse quella.

In primise: acqua fresca de cannella,
in secondise: ojo d’uliveto,
e come terzo: quer di-vino aceto
che fa’ venì la febbre magnarella.

Pagnotta paesana un po’ intostata,
cotta all’antica, co’ la crosta scura,
bagnata fino a che nun s’è ammollata.

In più, per un boccone da signori,
abbasta rifinì la svojatura
co’ basilico, pepe e pommidori. »